Squarci
Hai appena finito di leggere le ultime pagine de ‘La persuasione e la rettorica’. Posi il libro sulla scrivania, ti alzi e guardi dalla finestra. Tutto appare immobile in via Caravaggio. Nessun passante, solo un barbone sul marciapiede che si riscalda accanto al suo cane. Dormono entrambi e sopra le loro teste, i pioppi del viale sembrano lance puntate contro un cielo grigio e intonso. Ogni cosa sembra al suo posto, a parte una foglia gialla aggrappata a un ramo quasi spoglio. Se solo non si accingesse a resistere alla caduta, potrebbe rivelarsi l’unico dettaglio in movimento di quel piatto quadro autunnale. L’assenza di vento sembra aiutarla nel suo inesorabile sforzo. Decidi di tornare a sederti. Apri un cassetto della scrivania e ti ritrovi a sfogliare un vecchio album di famiglia. Com’è potuto accadere che quei sorrisi siano svaniti? Quei volti felici sono ormai irriconoscibili ai tuoi occhi. I pochi amici che avevi sono fantasmi impressi su carta, ricordi sbiaditi. La foto del matrimonio, il ritratto di attori improvvisati nelle loro ridicole pose. Eppure la speranza nello sguardo di quei due sembra ancora bucare la foto. Da quando è nato tuo figlio, tua moglie ha smesso di guardarti come prima e a poco a poco ti sei defilato, messo in disparte. Dopo il matrimonio l’amicizia ti è diventata aliena, credevi bastasse la tua famiglia a riempirti le giornate di gioia e invece ora ti ritrovi solo, nel tuo studio. Qualche settimana fa sei stato chiamato dall’ufficio Risorse umane della Enjoy Assicurazioni. Hai sempre rispettato gli orari, spesso restando in ufficio più del dovuto pur di mostrare ai tuoi superiori quanto ci tenessi a quel lavoro. Pensavi che finalmente tutte quelle ore trascorse in quell’ ufficio angusto, sarebbero state premiate. Un aumento dello stipendio, qualche bonus o, chissà, forse un avanzamento di carriera. Dopo vent’anni di duro lavoro te lo aspetteresti. Ad attenderti dietro la porta dell’ ufficio il responsabile HR. Un tipo alquanto macilento che, se non fosse stato per la cravatta che sorreggeva e segnava il suo esile collo, sarebbe potuto scomparire da un momento all’altro nella sua camicia color cenere. Con sguardo serio e delle mezze lune appoggiate sulla punta del naso ti ha consegnato una lettera contrassegnata dal logo EA. Arrivederci e grazie, non una parola di più. Entro 10 giorni saresti stato licenziato. La EA avrebbe previsto un centinaio di esuberi entro fine anno per tagliare i costi, tra questi costi ci sei tu, un umile padre di famiglia con un mutuo ancora da estinguere. Chiudi il cassetto. Dalla porta sbaciata noti il rubinetto del bagno nella sua perpetua litania. Per un attimo ti concentri su quelle gocce. Cinque sono i secondi interminabili trascorsi tra una goccia e l’altra. Ad ogni lacrima, un secco ‘toc’ taglia il silenzio delle stanze. Apri il secondo cassetto, appena sotto quello dove hai riposto con cura le fotografie. Sul fondo riposa il guinzaglio perfettamente arrotolato di Toto. Toc. Maneggi di istinto il guinzaglio e sotto i movimenti precisi delle dita appare uno zero, alla sua base un perfetto scorsoio. Toc. Ti alzi, sali sulla sedia. Fissi l’estremità del guinzaglio alla trave maestra del sottotetto. Indossi il cappio inchinandoti leggermente verso la finestra. Il paesaggio di via Caravaggio non é cambiato di una virgola, il tempo pare davvero essersi fermato. Toc. In quell’istante il tuo pensiero sfonda il grigio viale alberato, ritorna ai momenti felici del giorno del matrimonio, alle estati spensierate trascorse con i tuoi amici che all’improvviso riassumono i propri connotati, finalmente tornano ad avere un nome: Bobo, Ludo, Cile, Gio. La gioia provata al momento della nascita di Pietro, il poterlo finalmente tenere tra le tue braccia, ti trapassa lasciandoti in uno stato di piacevole torpore. Toc. Ad un tratto senti provenire un rumore di passi dalle scale che collegano il piano terra allo studio. Perdi l’equilibrio. La sedia scivola sotto i tuoi piedi. Le ultime parole che senti affievolirsi sotto i tuoi calci vuoti, sono quelle di Pietro che ti chiama dal fondo delle scale: “papà?”, “papà?”… Lo sguardo rimane fisso, la resa precipitosa della foglia, per un attimo lascia dietro di se uno squarcio giallo. Toc. Tutto è muto in via Caravaggio.